giovedì 18 giugno 2009

PALAZZO DAVIA-BARGELLINI

Palazzo Davia Bargellini in Strada Maggiore, 44.
Intervento sul portale e sulle statue degli Atlanti.
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In merito all’intervento sul portale e sulle statue degli Atlanti del palazzo Davia Bargellini in Strada Maggiore, che fin dall'estate 2008 ha suscitato vivaci critiche sulla stampa quotidiana da parte di alcuni dei maggiori studiosi ed esperti di architettura e d’arte (Emiliani, Cervellati ed altri), la Sezione bolognese di Italia Nostra ha espresso le proprie forti riserve alle Soprintendenze competenti con due note (ottobre 2008 e aprile 2009), chiedendo adeguati provvedimenti. Sull’argomento è intervenuto anche il Consiglio regionale dell’Associazione, che ha chiesto e ottenuto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici la documentazione relativa all’intervento ai sensi della legge 7/8/1990, n.241 ed ha manifestato le proprie motivate critiche alla stessa Soprintendenza ed alla Direzione Regionale per i beni e culturali e paesaggistici (febbraio 2009), sollecitando un “urgente intervento correttivo” dei lavori eseguiti.
Nella documentazione predetta e in particolare nella Relazione finale del 05/09/2008 si evidenziano tra l’altro i danneggiamenti alle statue degli Atlanti dovuti ad interventi impropri dalla fine dell’800 in poi (uso di ferri inseriti, presenza di ruggine, integrazioni in cemento), nonché le precarie condizioni statiche della balconata sul portale a causa del notevole peso e delle vibrazioni dovute al traffico. Nulla da eccepire sulle indispensabili opere di pulitura e di consolidamento effettuate, ed anche sulla sostituzione di numerosi balaustrini della balconata, trattandosi di elementi seriali.
Italia Nostra invece non può che ribadire la propria contrarietà all’applicazione della coloritura “bianco-travertino” (ad imitazione cioè del travertino o della pietra d’Istria, più pregiati e solidi dell’arenaria) sull’intera superficie del portale e degli Atlanti di Gabriele Brunelli (1658), in base al rinvenimento di “ampie tracce di trattamento superficiale dell’arenaria di cui sono composte le statue”.
La presenza, nell’architettura storica, di un rivestimento finale con funzione protettiva ed estetica (scialbatura, verniciatura, ceratura, ecc.) su statue e membrature di pietra in rilievo è accertata ormai dopo oltre trent’anni di ricerche ed esperienze sul campo, ed è qui confermata dalla suddetta relazione che riporta tra l’altro una casistica, fin troppo ampia ed eterogenea, di monumenti dell’area emiliana e padana. Ma non è l’esistenza di tali finiture che si mette in discussione, bensì il fatto che si possa – e magari, si debba – ripristinarle sempre e ovunque, anche in casi assai differenti tra loro. In altre parole, la presenza in loco di tracce di tinteggi originali più o meno consistenti e di eventuali documentazioni scritte e figurative non costituiscono di per sé la metodologia dell’intervento di restauro, ma solo alcuni elementi e presupposti di esso. L’intervento, il “progetto” di restauro deve sempre tener conto di istanze e principi più generali e rigorosi che emergono dalle Carte del Restauro (del 1931, del 1972 e del 1964 - Carta di Venezia) e dal dibattito culturale a partire dalla fine degli anni ’60, quali la compresenza e il significato dell’istanza “estetica” e dell’istanza “storica”, il principio del “minimo intervento”, il rispetto del contesto ambientale: ossia tutta la problematica complessa e delicata per cui ogni intervento costituisce un caso a sé, e che nel caso in esame non sembra esser stata neppure avvertita.Nel palazzo in oggetto – a parte lo specifico tema degli atlanti - appare particolarmente scorretto e disturbante il contrasto tra le rigide strutture bianche del portale e del balcone e gli altri elementi in arenaria viva, vistosamente sfaldati: un contrasto cioè di tipo cromatico e chiaroscurale (che sarebbe stato notevolmente attenuato se i nuovi balaustrini, anziché esser stati anch’essi rcoperti da una spessa vernice bianca, fossero stati semplicemente “trattati” in superficie con una lieve rigatura o gradinatura, secondo una tecnica collaudata da decenni per raccordare visivamente le parti rifatte con quelle antiche). Né desta minore preoccupazione l’estensione dell’intervento all’intera facciata, che sembra sia già in programma.